Il treno dell'oro

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. The Titan
        Like  
     
    .

    User deleted


    Un tesoro con “T” maiuscola, gigantesco. Al punto che invece del classico forziere per contenerlo ci è voluto un treno di cinquanta vagoni. Un tesoro, composto da tonnellate d’oro e argento oltre che da quintali di diamanti e altri oggetti preziosi, frutto di una spaventosa razzia: quella ai danni di migliaia di famiglie di ebrei ungheresi. Un tesoro trasportato dal cosiddetto «Treno dell’Oro», partito alla fine del 1944 da Budapest e comandato da un personaggio inquietante e fanatico: Arpad Toldi.

    Nella seconda guerra mondiale l’Ungheria è alleata del nazismo: finché la guida il reggente, Nicholas Horthy, il governo di Budapest mantiene un minimo di indipendenza ma nella primavera del 1944 i tedeschi, temendo che Horthy voglia uscire dalla guerra, favoriscono un colpo di Stato che porta al governo un partito di fanatici filo-nazisti e antisemiti: le Croci Frecciate. Per gli ebrei, già da anni vessati in vario modo, è l’inizio della tragedia. Spogliati dei loro beni, gli ebrei ungheresi vengono deportati in massa nei campi di sterminio.

    E’ in questa atmosfera cupa che l’italiano Giorgio Perlasca, fingendosi un diplomatico spagnolo, salva migliaia di vite. Ma ci vuole ben altro per fermare gli uomini del governo di Ferenc Szàlasi: uomini spietati e fanatici come Arpad Toldi, nominato nell’autunno ’44, Commissario per gli Affari Ebraici. Ma chi era Arpad Toldi?

    Nel 1944 Toldi ha 46 anni, è un colonnello della Gendarmeria ungherese ma non è un vero uomo d’azione. E’ un burocrate, un ufficiale specializzato nell’addestramento teorico. Ed è questa sua caratteristica che aiuta a spiegare come sia potuto diventare uno dei più grandi ladri di tutti i tempi. Tra i vari scritti di Toldi infatti c’è un manuale di tecnica delle indagini criminali. Una tecnica che userà per entrare nella storia del crimine.

    Nel dicembre ’44 l’Armata Rossa, l’esercito sovietico, è alle porte di Budapest. La capitale ungherese può cadere da un momento all’altro: Toldi decide che le immense ricchezze razziate agli ebrei vanno messe al sicuro. A metà dicembre un treno di oltre 40 vagoni viene caricato di oro, argento, tappeti e pellicce, gioielli, pezzi d’antiquariato.

    Alcune stime parlano di un valore approssimativo di oltre 200 milioni di dollari dell’epoca, equivalenti ad alcuni miliardi di dollari di oggi. A custodire tutte quelle ricchezze ci sono Toldi e un centinaio di uomini, soldati e funzionari col compito di inventariare quello che considerano – fatto molto importante – un “TESORO DI STATO”, non il frutto di ruberie. Un tesoro che va salvato sia dai russi che dai tedeschi.

    Il «Treno dell’Oro» si muove verso ovest. Lo fa seguendo un tragitto un po’ strano, non diretto. Ma la spiegazione è semplice: ci sono altre ricchezze da raccogliere e portar via. La direzione è quella dell’Austria, all’epoca parte integrante del Terzo Reich. Ma Toldi non pensa di fuggire all’estero. La sua meta è un piccolo paesino di frontiera vicino a Sopron, la cittadina dove si era rifugiato il governo Szàlasi dopo aver abbandonato Budapest: BRENNBERGBANIA. Il Treno ci arriva il 27 dicembre 1944.

    Poche case di minatori, ma questo paese ha una caratteristica importante. E’ un centro minerario, è ricco di caverne utili per nascondere il tesoro e per di più molte di quelle caverne passano sotto il confine!

    All’epoca una delle costruzioni più grandi di Brennbergbania era quella dei Bagni Pubblici dove i minatori – le cui case non avevano l’acqua corrente – si lavavano a fine giornata. L’arrivo di Toldi sconvolse queste abitudini perché i Bagni Pubblici vennero requisiti e, di fatto, trasformati in una gigantesco forziere. Infatti, i vagoni vennero scaricati uno ad uno e il loro contenuto trasferito con dei camion ai Bagni Pubblici dove iniziò la catalogazione. In media il contenuto di ogni vagone richiedeva almeno dieci giorni di lavoro. Un lavoro lungo, agevolato dal fatto che nel frattempo il fronte si era stabilizzato e quindi c’erano meno rischi che i russi potessero arrivare da un giorno all’altro. Toldi e i suoi uomini rimasero a Brennbergbànya per circa tre mesi e trasformarono il paese e i dintorni in una immensa gioielleria.

    Ma che bisogno c’era, in quelle circostanze, di perdere tanto tempo ad inventariare tutte quelle ricchezze? I collaboratori di Toldi lo capirono solo alla fine dei tre mesi a Brennbergbànya, quando venne ordinato loro di caricare su alcuni camion e auto parte del tesoro. Ovviamente sui camion e sulle auto che si allontanarono con lo stesso Toldi, la sua famiglia e pochi altri, finì la parte più preziosa del Tesoro.

    Una separazione che non si ricompose più anche se Toldi sostenne che il convoglio su strada avrebbe seguito lo stesso percorso del treno. Infatti i russi stavano arrivando e bisognava raggiungere, attraverso l’Austria, la Baviera dove, si diceva, i nazisti stessero organizzando l’ultima resistenza. Dopo tre mesi di sosta il treno ripartì: era il 30 marzo 1945.

    Ormai la guerra stava finendo. E in un’Austria devastata dai bombardamenti il «Treno dell’Oro» si fa strada lentamente. Ci vogliono otto giorni per fare circa 500 chilometri, la distanza necessaria a raggiungere un villaggio montano nel Tirolo settentrionale: Hopfgarten.

    Ma Toldi ha seguito un’altra strada perché ha deciso di cercare la salvezza per conto proprio. E così, mentre a Hopfgarten gli ungheresi devono difendere ogni giorno il loro prezioso treno dagli assalti di reparti sbandati dell’esercito tedesco, Toldi organizza la sua fuga in Svizzera grazie a due agenti segreti nazisti che si offrono di aiutarlo in cambio di sei casse di oro e gioielli. Quelle sei casse, come molte altre parti del tesoro non verranno più ritrovate.

    Ma il piano di Toldi fallisce perché nel frattempo finisce la guerra e i due tedeschi vengono catturati. Respinto alla frontiera svizzera, prima di consegnarsi Toldi seppellisce il proprio tesoro in vari punti tra la Svizzera e l’Austria, quindi si presenta alle autorità di occupazione francesi a Bregenz. A loro, dipingendosi come uno scrupoloso funzionario che aveva solo cercato di salvaguardare i beni del suo Paese invaso, Toldi consegna alcune casse di preziosi. Tace però sul nascondiglio di molte altre che però, nelle settimane successive, verranno in alcuni casi ritrovate casualmente in vari punti. In un primo tempo i francesi arrestano Toldi ma dopo tre mesi lo rilasciano. Nell’ immediato dopoguerra i francesi recuperarono oltre 40 casse di preziosi e oro pari a oltre una tonnellata e mezzo di peso. Era buona parte del Tesoro di Toldi. Ma non tutto…

    Il dopoguerra del Treno dell’Oro è complicato quanto le sue vicende precedenti. Il «Treno dell’Oro» viene catturato dagli americani e il suo contenuto trasportato a Salisburgo; quello che venne invece trovato nella zona occupata dai francesi restò in possesso al governo di Parigi e, dopo qualche mese, trasferito proprio nella capitale francese.

    Nel frattempo la situazione politica era ovviamente cambiata e le vittime delle ruberie dei nazisti e dei loro alleati volevano giustamente indietro i loro beni. Ma non era così facile, e non solo perché era difficile, di fronte ad una massa di tonnellate di materiale, poter individuare gli oggetti di proprietà delle singole vittime. Ma anche perché le varie potenze coinvolte avevano obbiettivi e idee diverse.

    Gli americani volevano che l’oro fosse venduto e il ricavato andasse ad alcune organizzazioni ebraiche ed umanitarie che si occupavano dei profughi e delle vittime del nazismo. I russi volevano che l’oro fosse restituito al governo ungherese, che era sotto il loro controllo. La comunità ebraica ungherese voleva semplicemente indietro quello che le era stato rubato. Il governo inglese non voleva che i soldi e l’oro andassero alle organizzazioni ebraiche perché temeva che quei beni sarebbero stati utilizzati per finanziare l’emigrazione verso la Palestina dove la situazione era molto tesa. Il governo francese, in lite con gli americani, voleva restituire i beni in suo possesso al governo ungherese ma solo se Budapest avesse restituito i beni francesi a suo tempo sequestrati.

    A questo va aggiunto che molti beni erano stati, nel corso di questa storia, usati dai responsabili del treno per aprirsi la via e corrompere funzionari, guardie, politici, ferrovieri; altri beni furono rubati nelle ultime settimane di guerra da sbandati e civili. Inoltre molti soldati americani presero beni dal Treno per arredare i propri alloggi nell’Austria occupata o per profitto personale (ci furono processi e condanne per questo). Alcuni discendenti di ebrei ungheresi hanno ancora in piedi cause contro il governo USA.

    Risultato: il «Treno dell’Oro» ha arricchito molte persone e quasi nulla è stato restituito ai legittimi proprietari. I francesi restituirono, alla fine degli anni Quaranta, quanto in loro possesso al governo comunista di Budapest; gli americani vendettero all’asta quello che era rimasto e a prezzi da saldo (orologi d’oro a due dollari, orologi d’argento a 25 centesimi…) e ne ricavarono comunque una cifra considerevole: quasi tre milioni di dollari dell’epoca. Quei soldi andarono come previsto a vari organizzazioni ebraiche.

    Ma chi veramente ha chiuso in attivo questa storia sono, purtroppo, i “cattivi”: i due agenti segreti nazisti, liberati nel dopoguerra, divennero due importanti uomini d’affari e non rivelarono mai il destino delle sei casse del tesoro che avevano avuto da Toldi. Toldi stesso fece ben presto perdere le sue tracce. Non se ne è più saputo nulla, né di lui né della sua famiglia. Ad occhio e croce dovrebbero essergli rimaste una dozzina di casse di oro, diamanti e gioielli. Quanto basta per vivere nel lusso per varie generazioni.
    si ringrazia Voyager ( Rai2 ) per la concessione del materiale

    fonte: www.paranormal.altervista.org

     
    .
0 replies since 14/11/2009, 12:49   38 views
  Share  
.