I Dischi di Bayan-Kara-Ula

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  1. DarkDevil88
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    Nel 1938 in Tibet una spedizione archeologica trovò in una grotta tombe di ominidi alti un metro e 716 dischi di cobalto: ipotesi extraterrestre o mitologia moderna?


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    I dischi di Bayan-Kara-Ula, sono degli Ooparts (oggetti fuori posto) molto particolari dal fatto che sono accompagnati da una storia che ha dell'incredibile ma allo stesso tempo assai avvincente. Una storia antichissima svoltasi tra le montagne del Tibet e riportata alla luce quasi sessanta anni fa. Era il 1938, nella zona di Bayan-Kara-Ula infatti, fra Cina e Tibet, un territorio ancora oggi poco esplorato, durante una spedizione archeologica cinese con a capo l'archeologo Chi Pu-Tei. Durante la spedizione questi scoprirono una grotta stupefacente fino ad allora rimasta inesplorata; quando i ricercatori entrarono si resero conto che più che una grotta si trattava di un sistema di gallerie artificiali e interconnesse. Le pareti erano state levigate e sembravano cristallizzate, come se fossero state tagliate da una fonte di calore estremo, mentre c'erano incise sopra della strane iscrizioni che rappresentavano tutti i pianeti del nostro Sistema Solare, compresi il Sole e la Luna. Nell'antro erano disposte in fila una serie di tombe e quando gli uomini le aprirono, con grande sbalordimento trovarono all'interno tanti scheletri di dimensione ridotta, di circa 1,30 m alti con enormi crani; di sicuro appartenevano a un razza sconosciuta. All'inizio uno dei suoi collaboratori ipotizzò che si trattasse di di una specie di primati, ma giustamente il professor Chi Pu-Tei fece notare che nessuno mai ha visto delle scimmie seppellire i propri morti. Accanto a queste tombe gli archeologi trovarono ammassati 716 dischi di granito con diametro dai 35 ai 50 cm e con un foro centrale, spessi un centimetro. I dischi erano coperti da strani geroglifici e incisioni a spirale che partivano dal centro e terminavano verso il bordo esterno, un po' come gli odierni dischi musicali in vinile. Questi reperti vennero trasferiti segretamente a Pechino per essere studiati da un team di scienziati guidati dal professor Tsum Um Nui. Prima di lui, fu lo studioso russo Vyacheslav Zaitsev della russa Accademia delle Scienze a parlare dei dischi di pietra alla fine degli anni '50. Più tardi, nel 1962 lo studioso cinese passò altri anni ad analizzare i simboli sulla superficie dei dischi senza ottenere alcun risultato, ma alla fine riuscì a decifrare gli strani geroglifici. Quello che scoprì era qualcosa di così inquietante che le autorità gli impedirono di divulgare l'esito della sua scoperta, ma nonostante tutto, tempo dopo il professore decise di rendere pubblico il contenuto dei dischi datati 10mila anni prima di Cristo.
    (Sopra) Uno dei 716 dischi di cobalto trovati in una grotta del Tibet nel 1938. (Sotto) Il Tibet evoca da sempre segreti inimmaginabili, forse a causa delle lunghissime caverne che ne solcano il territorio.
    Questo è ciò che lo scienziato raccontò di aver decifrato: "Da un pianeta distante 12mila anni luce dal nostro giunsero un giorno delle astronavi e atterrarono in Tibet con gran fragore, precipitando tra le montagne del Tibet facendo scappare la popolazione. Questi viaggiatori spaziali avevano intenzioni pacifiche, ma non riuscirono mai a ripartire e furono costretti a mescolarsi alle popolazioni locali. Gli indigeni del posto raccontano che in tempi remotissimi due tribù abitavano questa zona e che questi strani esseri alti solo 1,30 m. erano comparsi dal nulla o dal cielo, erano discesi dalle nubi. Il nome di questi viaggiatori stellari era Drog-pa, avevano pelle gialla ed erano bassi con teste grosse e senza capelli: dicevano che a vedersi erano mostruosi. Quando si stabilirono sulla Terra le tribù locali gli fecero guerra sterminandoli a causa del loro orribile aspetto, mentre i pochi sopravvissuti si mescolarono ai nativi".

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    A causa di tutta questa incredibile storia i responsabili dell'accademia contestarono così brutalmente lo studioso tanto che si decise alla fine di inviare i reperti all'Accademia delle Scienze di Mosca. Il resoconto degli scienziati russi era che i dischi erano fatti di cobalto e contenevano grandi quantità di altri differenti metalli. Il dottor Vyacheslav Zaitsev scrisse sulla rivista sovietica "Sputnik" che quando vennero esaminati con un oscilloscopio, questi cominciarono a vibrare freneticamente in quanto caricati elettricamente; secondo lo scienziato facevano parte di un circuito elettrico. Dopo questa rivelazione gli esperti russi affermarono che tali reperti vecchi di 12mila anni non erano frutto di tecnologia terrestre. L'Università di Pechino ignorò l'esito dato da Mosca, mentre il professor Tsum Um Nui fu allontanato irragionevolmente e si trasferì in Giappone; quando morì nel '65, tutti i suoi appunti sul caso sparirono. Ma c'è un mistero che avvolge la vita di questo scienziato: non è sicura la sua esistenza, in quanto il nome Tsum Um Nui era un misto tra cinese e giapponese, cioè, l'uomo era giapponese e la pronuncia del nome era scritta in cinese. Questo spiega il fatto che sia tornato in Giappone dopo la pensione. Nel 1974 i dischi furono esposti al museo Banpo a Xian e fotografati da un ingegnere austriaco, Ernst Wegerer, dopodichè anche di questi si perse ogni traccia. Lo studioso tedesco Erich Von Daeniken, quando venne a conoscenza dei dischi, ci scrisse un libro. Nel marzo 1994 un ricercatore amico di Von Daeniken, Peter Krassa, partì per Xian insieme ad un altro studioso di nome Hartwig Hausdorf alla ricerca dei dischi al museo di Banpo, ma purtroppo non erano più esposti. I due chiesero informazioni al direttore del museo che all'inizio negò l'esistenza dei dischi, ma poi, dopo aver visto le foto ammise che un suo predecessore li lasciò fotografare a Wegerer, dopodichè anche di quest'uomo non si seppe più nulla.

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